«Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore». Lc 2,22

Bartolomé Esteban Murillo, Santa Famiglia con l’uccellino, c. 1630, Madrid, Museo del Prado
Al di là di tutte le discussioni, la festa singolare della Sacra Famiglia, ci dice che è in un rapporto stretto, giocato a vita, con alcune persone, che si realizza la maturazione di una persona.
La chiave di volta è la parola sottomissione.
Essa indica un affidarsi ad un altro che mi ama, che vuole il mio bene. È una forma di obbedienza, propria di chi ascolta in profondità la parola rivoltagli.
Se si pensa poi che a farsi obbediente è davvero il figlio di Dio, la cosa si fa più significativa ancora.
La sottomissione e l’ascolto sono faccenda dell’amore. L’amore vive di obbedienza e di sottomissione. Si fa spazio alla persona amata, felici di poter realizzare i suoi desideri.
L’altro mi limita, ma più in profondità mi delimita. Mi offre la possibilità di un contorno che mi esalta.
Nella danza si vede bene questo dinamismo.
Un adattamento continuo all’altro che pure si adatta a me. Una sottomissione che espande la propria possibilità ma anche la figura complessiva.
La cosa sorprendente in tutto questo è che ci si sente liberi, anzi, mai ci sì sente così liberi come in questo vincolarsi.
Il Figlio di Dio ha accettato di danzare la vita umana con la figura femminile di Maria la donna di Nazareth.
E con la figura del padre terreno.
La sua presenza esalta le loro persone in modo intimo, non plateale, non per questo meno vero.
Le richieste del Figlio fanno crescere le loro persone. E’ alla fine della vita del Cristo che si vede cosa è diventata Maria. Giuseppe è morto prima del figlio, aveva concluso la sua missione di uomo giusto.
Ma anche il prendersi cura del figlio è un modo di sottomissione a lui, educare è sottomettersi alla realtà del figlio, alle sue spinte, alle sue esigenze.
Nel caso del Cristo sottomettersi a lui è sottomettersi alle cose del Padre suo celeste. Sottomettersi al figlio è sottomettersi a Dio padre.
Questo vale per ogni coppia, per ogni famiglia. In un quadro ideale una famiglia vivrebbe la vita come una danza di amore crescente.
Man mano si cresce scoprendo sempre più i desideri gli uni degli altri.
Ognuno vuole il meglio per l’altro, non il proprio meschino interesse.
Chi vuole il proprio interesse blocca la danza, blocca la circolazione
dell’amore.
Su questo modello si dovrebbe impostare la vita sociale.
E’ un sogno, è il sogno di Dio. Se ci si credesse sarebbe diversa la vita.
A noi cristiani è chiesto di essere il sogno di Dio tra gli uomini.
Essere la famiglia di Dio.
Maria ci sta vicina, ci aiuta, continua a dirci “Fate quello che vi dice”, quello che chiede è sempre più il meglio per l’uomo. E l’uomo ritrova il senso del vivere e la fonte della gioia.
Che Maria ci ottenga di vivere così.
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