«Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.» Mt 16,25
Che un uomo che dica di parlare o parli in nome di Dio suona già sorprendente ma anche assurdo e presuntuoso.
Se poi l’uomo di Dio si pone di traverso ai sogni dell’uomo e dell’uomo di potere in particolare, allora viene invitato a farsi da parte ma anche viene fatto tacere con forza fino a eliminarlo. Già un giudice o un giornalista che lottano per la verità vengono fatti fuori. Tanto più chi si presenta in nome di Dio. Anche perché sono molti ormai quelli che in nome di Dio hanno violentato massacrato ucciso.
Stando così le cose il profeta (pro fateor, la bocca, il megafono ) di Dio viene messo in una condizione non facile. Si trova tra due fuochi, Dio e l’uomo.
Che alla fine ne fanno un solitario. E questi rifiutato dagli uomini – che lo evitano come uccello di malaugurio, come profeta di sventura – vuole liberarsi del peso della missione ricevuta.
All’inizio non era così. Sembrava un motivo di prestigio e di onore essere scelti da Dio, poi la elezione è divenuta una sorta di maledizione.
Così ha vissuto Geremia. Ha dovuto annunciare l’esilio, la deportazione degli abitanti da Gerusalemme. Si è trovato in un periodo turbolento, non semplice da gestire.
Geremia finirà per denunciare Dio e maledire di essere nato.
Arriva a dire, basta con Dio, non ne voglio più sapere.
Ma non ha pace. Ormai la sua persona è segnata a fuoco dalla missione di Dio, dalla sua chiamata.
A cosa sono dovuti questo contrasto e questa lotta interiore?
Tutti si impegnano per la riuscita, per l’esito positivo.
Ma di quale portata, ma di quale positività?
Cristo sa che l’uomo lotta per la conquista del mondo intero. È cambiato qualcosa da allora?
Oggi la pretesa di un dominio mondiale è dichiarata e inseguita con tutti i mezzi. È sfrontata. A livello politico, a livello economico sociale.
I conflitti esistenti e continui dicono questo con molta chiarezza. Un gruppo minuto di persone possiedono quello che tutti i restanti possiedono insieme.
A questo sogno di conquista neppure il mondo religioso rinuncia, anzi, per il fatto che ‘Dio è con noi’ ci si sente persino sostenuti e favoriti.
Ma Cristo raffredda questo sogno mondano e porta un nuovo sguardo su Dio e il suo coinvolgimento nella storia umana.
Prima di tutto chiede di guardare bene chi sia lui stesso: cosa dite che io sia?
Pietro capta che Cristo ha a che fare con Dio in un modo singolare. E in questo vede giusto.
Quando poi Cristo presenta la propria fine poco gloriosa e quindi fallimentare, Pietro reagisce in modo molto energico. Rappresentando così un modo trionfalistico molto diffuso di concepire il rapporto con Dio,
Accanto alla prospettiva di conquista del mondo e del guadagno Cristo oppone il suo modo di concepire il rapporto con Dio ma anche quello con l’anima, con la vita.
Per Cristo è molto facile il rischio che l’uomo perda la vita. Questo va ben capito.
La nuova traduzione del vangelo rischia di fare credere che Cristo si riferisca alla vita terrena. Non è così.
Cristo sa che chi crede in lui rischia il martirio.
Il vero pericolo è di perdere e rovinare la vita divina, donata da Dio stesso a quanti si affidano a lui.
È un pericolo non così remoto come si può credere.
Cristo sa, dalla tentazione subita, che satana era disposto a dargli il mondo intero se l’avesse adorato.
La conquista del mondo è funzionale ad altro. La propria adorazione.
Raggiungere la gloria. È la vera tentazione che ci assale un po’
sempre, anche la persona religiosa. Per certi versi più questa che altre persone.
Si pensi anche solo ai titoli affibbiati agli ecclesiastici: il superiore, reverendo, molto reverendo, monsignore (ma non troppo…), eccellenza, eminenza … con la smania di voler essere adorati ci si sostituisce a Dio, a quel Dio che in Cristo si presenta come lo sconfitto, come l’umiliato.
Minimo per la morte subita, ma anche per il modo con cui è stato messo a morte.
Morendo Cristo dice di Dio e dice dell’uomo.
Dietro e dentro quella umiliazione c’è un Dio che ama gli uomini; c’è anche la rappresentazione e la presentazione del destino dell’uomo.
Dio è morto per amore; l’uomo di fede si affida a questo amore.
Confida in questo amore di Dio.
Dio ha tanto amato il mondo dell’uomo da dare la vita per esso;
noi abbiamo creduto a Dio e riconosciuto questo amore.
Alla fin fine ognuno di noi è un Geremia e un Pietro.
Sperimentiamo la fatica della testimonianza nei nostri spazi ambienti di vita;
proviamo un senso di fuga davanti alla croce.
Eppure, senti che non puoi fare diversamente, e ti rimetti in pace con il Signore,
come Pietro in un’altra circostanza, gli diciamo: da chi andiamo Signore. Tu solo hai parole di vita eterna.
E come Pietro, non sfuggiamo l’amore, disposti ad affrontare le diverse difficoltà pur di rimanere con lui.
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